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Il blog di Miriam Magnolfi

Fragilità

Cosa significa sentirsi “fragili”? Ci sono momenti nella vita di ciascuno che mettono alla prova, qualcuno di più, qualcuno di meno.

Si suol dire che: “Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare”. Già, ma cosa succede quando la prova in questione ed il nostro viverla ci conducono in una condizione di fragilità? Cosa si prova?

Succede che, all’improvviso, il mondo va troppo veloce; che hai un urlo dentro che non riesci a tirare fuori; perché fuori è tutto normale, ma dentro sei a pezzi, sei stremato.

Fragilità vuol dire essere sotto il peso massimo sopportabile, dopo di che andrai in frantumi. E quando è così non desideri altro che rifugiati in te, contenerti, sperando che passi presto.

E’ una questione di energie, anche. Energie che sai di non avere per spiegare quello che provi, per tirare fuori quella voragine, e tirarla fuori cercando di farlo con cautela, perché non travolga chi hai intorno. Perché mostrare la propria sofferenza, fa soffrire.

Più che di parole per spiegare, hai bisogno di silenzi che parlino per te.

Si prende spesso come esempio l’aragosta per spiegare la sofferenza legata ai momenti fragili della vita, quelli attraverso il cui dolore riusciamo a cambiare, ad evolvere. E’ un esempio che tengo sempre a mente, per non lasciare che il dolore abbia la meglio sulla meraviglia della vita.

Accogliere le proprie fragilità, accogliere il dolore che da esse deriva, per me, vuol dire amare la vita. E credo che sia proprio quel tipo di sfida in grado di metterti ko: qualcosa si rompe, crolla, va in frantumi. E ti lascia lì, terrorizzato, spiazzato e stremato.

Ogni fase fondamentale della nostra vita è un passaggio doloroso, il dolore è il prezzo da pagare per passare alla fase successiva che, di solito è un upgrade, una versione più aggiornata ed evoluta.

Dico di solito perché, in realtà, poi, tutto dipende da come ci rapportiamo con quel dolore, come viviamo la sofferenza del cambiamento. Il terrore, lo smarrimento, la disperazione sono emozioni viscerali, arrivano direttamente dagli scomparti più remoti del nostro essere umani. E ci traumatizzano. La ragione può ben poco in questo genere di attivazioni. Raccontarci quello che razionalmente sappiamo per cercare di uscirne; cercare di mettere a tacere quell’urlo pensando di rinchiuderlo entro i confini di pensieri e ragionamenti logici, c’è poco da fare, non funziona. Di fronte a ciò che ti mette in ginocchio, no, proprio non funziona. Soprattutto e per assurdo, se ci sei già passato.

E allora che fare, come agire?

Riuscire a considerare la sofferenza come un dono.

Può darsi che possa suonare come filosofeggiare, parlare senza cognizione o senza conoscenza. In realtà la parola giusta per descrivere questo agire è coraggio.

Fermati, respira, ascoltati. Adesso la priorità sei tu.

Chiedi aiuto ad un professionista se non ci riesci.

Per riuscire a rialzarsi e gestire la potenza del turbinio emozionale perché non ci si ritorca contro, permettendo a noi stessi di capire ed imparare anche da una tale situazione.

Perché questo siamo chiamati a fare: imparare, cambiare e vivere ogni istante.

Una risposta su “Fragilità”

Buongiorno,
Mi sono ritrovata in ogni parola, ed è un po’ il mio filosofeggiare, come dici tu.
Grazie Miriam. È una connessione sentire che al mondo ci sono altre persone che pensano, sentono, si esprimono con la lingua che usi, che alcuni non sanno o che non vogliono sapere. Penso che sapere sentire, alfabetizzarsi emotivamente sia un segno di maturità e di crescita, soprattutto saper accoglier quelle emozioni che socialmente sono “brutte” o che fin da piccolissimi vengono sempre messe da parte.

Ti ringrazio di cuore, spero tu stia bene, vedo che fai ciò che ti piace, e mi avrà che ti renda felice, riuscendo a costruire giorno dopo giorno quella felicità, che non credo sia un traguardo ma un divenire.

Un forte abbraccio

Clarissa

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